CHIUDI IL GAS E VIENI VIA! Di Anna Antonini

rock Moka Teri Lid 2004 70th moka Teri Lid 2004

Chiudi il gas e vieni via!

Non ho mai pensato che la moka fosse un oggetto umile. Di gratificante uso quotidiano, ma senza traccia di umiltà o vulnerabilità. Fin dalla sua nascita si è vantata di essere di acciaio inossidabile dunque forte e inscalfibile. La ruggine non la intacca e se resta un segno è quello della fiamma di un fornello troppo alto che dai oggi, dai domani lascia uno spesso segno bruciato sul fondo. Un segno che non deve vedere la paglietta, così come l’interno non deve vedere il detersivo che altera il gusto. La moka fa parte dell’orizzonte casalingo, dei gesti meccanici appena svegli e dei lavori solitari. Le comunità si ritrovano alla macchinetta aziendale o al bar oppure hanno un galoppino che procura il caffé per tutti – gli altri in casa, da soli, con la moka. Artigiani/e, disoccupati/e, scrittori/e, studenti che svolgono compiti, insegnanti che tentano di correggere compiti, artigiani/e, artisti/e, casalinghe/i, ecc. La radio, la moka e una stanza (o almeno una scrivania) tutta per sé: le insegne dei lavoratori in proprio. La moka è anche il pretesto dell’amicizia: vieni a trovarmi, ci facciamo un caffé. L’alibi del disturbo: passavo, mi offri un caffé? Il momento della sospensione: con ‘sta roba non vado avanti, mi faccio un caffé. È inspiegabile come una bevanda nervina sia diventata un sinonimo di contemplazione, di lentezza, di pigrizia. Ma è anche vero che ci vogliono nervi saldi per iniziare un lavoro o per riprendersi dopo averlo finito.

La moka ha un aspetto austero ma si presta a pezzature da bovino, colori spiritati, trasparenze di vetro, rosa-Hello-Kitty e rosso-braghette-di-Topolino. Quando queste maschere vengono pensate per scopi commerciali durano poco: è la tempra argentea che alla fine rimane costante negli anni. Di questa costanza si può fare un uso accessorio: la moka c’è, si usa e la storia è bel che finita. Oppure, a forza di trovarsela sotto il naso ogni giorno, più volte al giorno, si comincia a pensare a quali e quante vite potrebbe avere. Ma il risultato è destinato a durare perché non è più una maschera da shopaholic o da collezionisti, è fantasticare sulle possibilità, è messa in scena, teatro domestico, calembour di immagini. La moka è l’interprete versatile di ruoli infiniti, è un oggetto pensato in termini visivi, non solo bello da disegnare ma anche interessante da animare, metallico ma capace di diventare antropomorfo. Mi chiedo se anche Teri Lid, quando ha disegnato e dipinto la prima moka, abbia pensato: accidenti, tanto cercare e l’avevo sotto gli occhi! Le migliori idee e la loro applicazione infatti hanno spesso un’immediata, apparente casualità.

Le moke innescano i ricordi. I sentieri calpestati da un luogo all’altro di una città che appartiene a Teri e che io ho abitato con la data di scadenza. Le circonvoluzioni che fanno i piedi e la testa a vent’anni e l’ammirazione un po’ invidiosa per quei disegni bellissimi sui bordi dei quaderni… Ma questi non sono fatti vostri.  Anna Antonini  

Anna Antonini   Anna Antonini insegna Didattica dell’immagine e della comunicazione presso la facoltà di Scienze della formazione dell’Università di Trieste. Ha pubblicato L’incanto del mondo. Il cinema di Miyazaki Hayao (Il principe costante Edizioni, 2003 e 2005) e Mondi possibili. Un viaggio nella storia del cinema d’animazione (Il principe costante Edizioni, 2008)Ha contribuito con alcuni saggi al volume Walt Disney e il cinema (Edizioni Falsopiano, 2001 e 2011). Ha pubblicato Anche i prof hanno un cuore. Piccolo catalogo di vita scolastica (Nuova IPSA Editore). Dal 1998 scrive per la rivista Duel[anti] ed è tra i fondatori del sito di cinema e altro El Bradipo (www.elbradipo.net).

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